Non tutti i bambini di cui parleremo nel XV Festival sono vittime di guerra, alcuni sono stretti nella morsa della fame, della miseria e della mancanza di cibo e acqua a cui sono ridotti dai nuovi colonialismi e dalle dittature che, soprattutto nei Paesi africani, vivono sostenute dai traffici di materie prime che l’Occidente sottrae a prezzi irrisori a questi Paesi. La migrazione, per questi popoli, non è una scelta ma un obbligo di sopravvivenza a cui nessuno può sfuggire e se i genitori, gli adulti, non riescono a scappare e trovare il danaro per imbarcarsi verso l’Europa, è più facile per i minori prendere la via del deserto e attraversare una parte del Continente Nero e arrivare sulle spiagge della Tunisia, della Libia e provare a trovare una barca che ti ospiti e ti dia un “passaggio” per l’Italia o per la Grecia. Non è guerra, ma è molto simile ad un esodo post conflitto.

Dirlo a parole può sembrare normale, come la descrizione di un viaggio duro e lungo, ma necessario, eppure le carovane che attraversano il Sahel e puntano sulle sponde mediterranee sono dei veri e propri inferni viaggianti dove le donne, i vecchi e i bambini soffrono torture, violenze ed umiliazioni indescrivibili, con la sola speranza di sopravvivere, mentre sognano l’Europa, libera e ricca. E’ una storia che si ripete da trent’anni quasi e che non è più un’emergenza, ma una regola, un flusso continuo che scarica sulle coste ioniche o dell’Egeo decine di battelli improvvisati, gommoni stracarichi e caicchi, ogni giorno e, quando va male, finiscono capovolti tra i flutti e diventano l’ennesima “tragedia del mare”. La verità, com’è facile capire, è ben diversa e non è una disgrazia, ma un destino atroce già disegnato da qualcuno che è lontano e comanda le vite di milioni di deboli affamati e assetati. Una responsabilità che ricade anche su di noi che assistiamo indifferenti a queste stragi e alle torture che le precedono.

In mezzo a tanti migranti, i bambini costituiscono una categoria numerosa e ben visibile che richiede leggi speciali di accoglienza, interventi urgenti e di lungo periodo, insomma un’assistenza non improvvisata. Accogliere un minore vuol dire non mescolarlo con gli adulti e proteggerlo dallo choc dello spaesamento, dall’impatto con una realtà diversa da quella in cui è nato, dove non trova più i riferimenti che aveva nella sua città o nel suo villaggio, dove non c’è una madre ad accudirlo e una famiglia, con fratelli e sorelle, che costituisce il suo scudo verso il mondo esterno. Tutto questo è compito del nostro Paese che è il primo a ricevere i bambini che arrivano dall’Africa, ma anche dai Paesi in cui la guerra ha ucciso i loro genitori (Siria, Afghanistan, Iraq) o da storie complesse e contorte di cui essi sono solo l’appendice ultima.

L’Italia, nel 2017, si è dotata di una legge specifica, la numero 47, che ha l’obiettivo di affrontare questo problema, indicando i ruoli delle istituzioni e anche quello dei cittadini che possono contribuire ad alleviare gli effetti di questo dramma collettivo, intervenendo con un ruolo autonomo nella tutela dei diritti dei minori stranieri non accompagnati (MSNA). La legge 47, meglio nota come “legge Zampa” dal nome della prima firmataria, la senatrice Sandra Zampa del Partito Democratico, è uno dei principali strumenti al servizio delle associazioni umanitarie e delle organizzazioni non governative che si occupano di minori.

In questi ultimi mesi, l’attuazione della legge Zampa ha subito rallentamenti ed ostacoli dalle posizioni di chi, per scelta politica opposta, intende rendere più difficile l’iter di accoglienza e ospitalità dei migranti in Italia, anche dei MSNA. Il recente decreto 133, emesso il 5 ottobre scorso, consente che i minori possano essere detenuti in centri di accoglienza per gli adulti e stravolge di fatto le raccomandazioni della legge Zampa, ribaltando anche l’onere della prova della minore età.

Contro questo tentativo di neutralizzare i principi della legge Zampa, al fine di superare la crisi di disponibilità di tutori volontari che l’applicazione di tale legge ha riscontrato nel corso degli ultimi anni, il Festival ha invitato alcuni dei protagonisti locali e nazionali di questa iniziativa nel tentativo di creare anche in Campania un polo di sostegno a questa istituzione.

Tra le regioni che si sono maggiormente distinte per intraprendere iniziative in tal senso ci sono già la Sicilia e la Calabria che, com’è noto, sono investite dal maggior flusso di arrivo di migranti e hanno mostrato maggiore sensibilità a questo problema. Un nuovo impegno concreto per il nostro Festival, una nuova campagna con cui mostrare l’importanza del Cinema e del suo valore a fini sociali.

Il Festival affronterà questo problema in due fasi nella giornata di lunedi 20 novembre. Al mattino, presso l’Auditorium del Museo MANN, dalle 10.00 alle 12.30, gli studenti delle scuole medie superiori potranno fruire del competente contributo della presidente dei Tutori in Rete, avvocato Paola Scafidi, del giornalista e scrittore Luca Attanasio e della Senior Advocacy Officer di Save the Children, Veronica Boggini. Il loro intervento sarà preceduto dalla proiezione del film “Male nostrum” di Fabio Masi, offerto da Amnesty Italia.

Nel pomeriggio, dalle ore 18.00 a Piazza Forcella, ci sarà la seconda sessione di lavori introdotta dalla senatrice Sandra Zampa del PD, dagli stessi esperti del mattino e da Glauco Iermano della Coop. Dedalus.