Il 22 marzo, a Napoli, si riapre il “DOSSIER RIACE”
Fa tappa a Napoli, il prossimo 22 marzo, il gruppo di sostenitori di Domenico Lucano che ha curato la pubblicazione del libro (“Processo alla solidarietà – La giustizia e il caso Riace”) sulla sentenza del Tribunale di Locri (settembre 2021) all’ex sindaco di Riace, proprio nei giorni in cui entra nel vivo il processo d’Appello presso il Tribunale di Reggio Calabria.
A presentare il volume, edito da Castelvecchi, nel prestigioso Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di via Monte di Dio, saranno alcuni dei curatori dell’opera che sono anche tra i principali protagonisti della resistenza all’aggressione politica subita da Domenico Lucano e dal laboratorio stabilito nella sua Riace e che ha funzionato per venti lunghi anni, dal 1998 al 2018, collezionando riconoscimenti internazionali.
Sin dalle prime pagine del volume e dal racconto delle vicissitudini processuali, meticolosamente ricostruite da Giovanna Procacci, emerge la convinzione che si tratti di un processo dall’esito scontato, un processo “politico”, in cui i reati ascritti a Lucano non sono stati sufficientemente dimostrati dalla sentenza di primo grado. I dubbi insinuati dalla sentenza prodotta dal Giudice Accurso in prima istanza, nel tribunale di Locri nel settembre del 2021, non convincono né la Procacci né l’insigne giurista Luigi Ferraioli, già docente della Sapienza di Roma, che parla apertamente di un processo fazioso, istigato dal desiderio di vendetta più che dal naturale spirito di accertamento della verità che dovrebbe muovere il giudicante. Facendo riferimento a Cesare Beccaria, Ferraioli parla di processo “offensivo” e non ha dubbi nel dire che siamo in presenza di una operazione giuridica intrisa di sospetti. Alla domanda che le tesi di Ferraioli implicitamente pongono al lettore (chi ha paura di Lucano?) risponde, in modo appassionato e con linguaggio sociologico, il professor Domenico Rizzuti, calabrese e sostenitore della prima ora di Riace, che addita nella rivoluzione riacese il vero bersaglio degli aggressori. A detta di Rizzuti, Lucano ha realizzato una sorta di modello, o meglio di laboratorio sperimentale, che, se copiato da altri sindaci e da intere regioni del Mezzogiorno, avrebbe potuto cambiare il volto del sud d’Europa e proporre un futuro assolutamente imprevedibile per una regione d’Italia e per un’area intera destinata da sempre ad essere feudo commerciale delle regioni più ricche del Paese.
Il Meridione italiano è infatti ritenuto dal mercato una sorta di bacino di consumo senza alcuna identità produttiva, condannato all’arretratezza e all’emigrazione dei suoi figli e soggetto a leggi ed usanze sociali condizionate da poteri criminali che qui hanno avuto la loro culla. Molti, dunque, troppi, avevano paura di Lucano e dei suoi semplici teoremi, declinati con immediatezza e senza paura di violare le leggi dell’accoglienza che l’Italia e l’Europa avevano costruito con criteri emergenziali, quasi ignorando i principi di eguaglianza presenti nella Costituzione, senza offrire un orizzonte di lungo periodo ai migranti salvati dal mare.
In altri termini, la disobbedienza di Lucano alle regole formali dei progetti di accoglienza (quelle dello SPRAR in particolare) appare oggi come l’affermazione di certi principi universali scolpiti nella nostra Costituzione e, poi, come una ribellione alla condizione di soggezione della sua gente a cui egli voleva offrire un’occasione senza precedenti, supplendo ad una risposta che da troppo tempo tardava a venire, soprattutto dalle istituzioni centrali. La irrisolta questione meridionale appare quindi come uno dei principali moventi del suo agire “illegale”. Lucano avrebbe provato a cambiare il destino della sua gente, fidando sulla accorta gestione dei fondi pubblici e sulla disponibilità di braccia e menti di popoli in cerca di nuove vite, disposti a mettere a rischio la propria esistenza pur di vivere dignitosamente, lontani da miseria e guerre. Dalla convergenza epocale di questi fattori e dalla necessità di ospitare e integrare concretamente i migranti è quindi nata la sua originale parabola. Tutta questa “rivoluzione” avveniva a Riace, con una particolare attenzione al coinvolgimento delle forza lavoro locale, autoctona, estendendo i benefici di queste scelte ai calabresi e ai paesi vicini, offrendo servizi come l’educazione scolastica, l’assistenza medica e i servizi sociali primari a tutti, indistintamente. L’aver dimostrato che tutto questo riscatto di vita era possibile, anzi a portata di mano, è forse la colpa che gli è stata segretamente imputata e per cui sta pagando un costo abnorme. A questo punto ci si domanda: come può un Tribunale italiano non cogliere alcun segno di svolta epocale in una sentenza lunga 904 pagine che invece si limita a ripetere ipotesi non meglio motivate di protagonismo politico e di autocelebrazione desunte da intercettazioni e senza alcuna prova concreta. Fin qui l’analisi del passato.
A sostenere materialmente la mancanza di risorse dovuta all’interruzione del progetto Sprar seguita all’incriminazione di Lucano, ha provveduto l’associazione “A buon diritto” guidata da Luigi Manconi, già senatore e presidente della Commissione dei Diritti Umani del Senato, che, subito dopo la condanna di Lucano in primo grado, ha lanciato una fortunata raccolta fondi che oggi ha permesso a Riace di resistere e rilanciare il profilo del Villaggio Globale, con nuove famiglie di afghani e africani. Grazie a questa ancora di salvezza, Lucano ha potuto mostrare che Riace è ben viva e la sia filosofia è più che mai al passo con la durezza dei nostri giorni e che accogliere non vuol dire solo tendere una mano ai profughi ucraini, ma a tutte le vittime silenti delle decine di guerre che bruciano il mondo. Vittime dimenticate dappertutto, ma non a Riace.
A completare il parterre della serata napoletana ci saranno l’avvocato Elena Coccia, già vicepresidente della Provincia di Napoli, figura emblematica della sinistra partenopea e Alex Zanotelli, missionario, che della vicenda di Riace è uno dei massimi conoscitori e convinto sostenitore. Ad introdurre la serata sarà Maurizio del Bufalo, coordinatore del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, la storica manifestazione che dal 2008 segue la vicenda umana e professionale di Domenico Lucano e cura le manifestazioni dell’estate riacese.
Insomma una serata che si preannuncia ricca di fermenti, anche alla luce dei recenti avvenimenti di Cutro che hanno svelato la reale consistenza del fenomeno migratorio e degli sbarchi sulla costa calabrese che si succedono senza interruzione da anni, a dispetto degli accordi Italia-Libia, del silenzio di gran parte dei media pubblici, del comportamento criminale del governo libico e della campagna diffamatoria contro le ong europee e le loro navi umanitarie, accusate di incoraggiare la fuga di disperati dalle coste africane (pull factor) con l’illusione della salvezza in Europa.
Una serata da non perdere per riflettere sullo stato del sistema giudiziario italiano.