A colloquio con Veysi Altay, sulla strada del ritorno
Gli abbiamo chiesto di raccogliere con un po’ di serenità, per quanta gliene conceda il suo viaggio tra Berlino, Istanbul e Buenos Aires, le sue sensazioni a valle della turbinosa tournee italiana, dove non si è sottratto né a trasferimenti frettolosi né a sensazionali cene preparate dai suoi fan campani, sardi, bolognesi, triestini, emiliani e romagnoli. A tutti ha dato il meglio di sé, rispondendo con calma serafica a domande sulla sua condizione di candidato alla detenzione nelle carceri turche, senza indulgere negli aspetti privati e neppure nelle critiche più aspre al regime di Erdogan che gli ha tolto la libertà. E noi tutti siamo rimasti affascinati da tanta sobrietà, dal suo essere interprete dei fermenti del suo popolo senza terra, delle sue donne addolorate e dignitose, dei suoi vecchi indomiti.
Grazie Veysi che ci hai regalato uno sguardo dignitoso sul dolore di tanti e tante che soffrono per mano di dittatori spietati, di averci portato la parola di Abdullah Ocalan, il suo credo di eguaglianza e di rispetto per il mondo che ci circonda e che soffre per i nostri abusi; grazie per avere guardato costantemente alla nostra campagna, al verde, al mare mentre il treno e l’aereo ti portavano in giro per il Bel Paese e avere respirato a pieni polmoni la nostra aria, come se cercassi il coraggio dei nostri registi per continuare a raccontare le tue storie di lotta.
Ti assicuro che anche noi abbiamo cercato ispirazione nel tuo sguardo e nel tuo sorriso perché ancora oggi abbiamo bisogno di vedere e sentire la voce di un partigiano che non ha paura dei soprusi, delle dittature, della parte peggiore dell’umanità. Siamo noi che ti diciamo grazie per questa lezione, nel pieno di questi anni bui. Arrivederci a presto.
CINQUE DOMANDE A VEYSİ ALTAY
1) Il Cinema dei diritti umani può aiutare gli attivisti che difendono la causa del popolo curdo?
Il cinema per i diritti umani aiuterà le opere, le storie e le resistenze del popolo curdo, di coloro che sono oppressi, ignorati, emarginati, aggrediti sessualmente, a farsi conoscere e rendere popolari queste storie. È la voce di coloro che, nel cinema e nell’arte, lottano contro le violazioni dei diritti umani. Il cinema per i diritti umani può dare importanti contributi al mondo, in particolare i film girati da registi curdi il cui cinema è nuovo, che stanno cercando di animare un cinema di lotta e resistenza.
2) Al termine di questo viaggio in Italia, hai la sensazione che ci sia un interesse per la sorte del suo popolo, anche se in questi giorni l’attenzione generale è stata rivolta alla guerra in Ucraina? Ti aspettavi più attenzione da parte del pubblico?
Il programma che abbiamo svolto in Italia, anche se la guerra Russo-Ucraina è all’ordine del giorno, credo che abbia ricevuto un consenso più caloroso e più forte di quanto mi aspettassi. Sia l’interesse delle persone che le domande del pubblico nelle discussioni dopo il film, l’approfondimento degli argomenti e i loro commenti sui film sono stati determinanti per dare intensità all’intero programma. Naturalmente l’interesse si è concretizzato grazie al lavoro di buoni amici di Salerno, Napoli, Cagliari, Forlì, Faenza, Trieste e Bologna che hanno lavorato bene e organizzato il programma. Mi ritengo molto soddisfatto. Spero che anche le persone che hanno contribuito al programma siano state soddisfatte di me, di quello che ho detto e dei film che abbiamo proiettato.
3) Può esserci un posto per il cinema curdo in Italia?
L’Italia ha avuto registi che, in passato, hanno resistito al fascismo. Sto parlando del Movimento del Neorealismo Italiano. È uno dei movimenti cinematografici esemplari nel mondo. In un Paese dove forti registi e sceneggiatori come Federico Fellini, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Pietro Germi e Cesare Zavattini hanno difeso il cinema rivoluzionario contro i rigurgiti mussoliniani tra il 1944 e il 1952, è essenziale che il popolo curdo proponga qui il suo cinema. Il cinema curdo sta cercando di costruire un cinema di resistenza che segua da vicino il movimento del neorealismo italiano e il cinema rivoluzionario nel mondo, e lo prenda come esempio. Per questo motivo è importante ottenere un forte interesse e una buona rilevanza in Italia. Credo che il pubblico italiano abbraccerà il cinema curdo con spirito di resistenza.
4) Come valuta la missione della Rete del Caffè Sospeso a sostegno della causa degli intellettuali perseguitati? Ha un riscontro concreto? C’è ancora qualcosa che si può fare?
Reputo la missione del Caffè Sospeso un lavoro molto utile e solidale. Un compito ben congegnato con spirito di solidarietà. Questo lavoro dovrebbe essere continuato con tutti gli intellettuali ed artisti che stanno subendo restrizioni di libertà dai governi di tutto il mondo. Dobbiamo continuare a crescere e svilupparci in solidarietà con artisti di altri Paesi. In Italia si possono organizzare festival congiunti con quelli curdi. Si può fare sodalizio con i festival cinematografici curdi che si tengono in Kurdistan e in Europa. Una selezione di film curdi può essere inserita in festival cinematografici che si tengono in Italia. La distribuzione e il supporto tecnico possono essere forniti ai documentari curdi. E così via…
5) Qual è il souvenir più importante che porterai con te quando lascerai l’Italia?
Alcune amicizie molto, molto preziose. Grandi speranze che non siamo soli nella nostra lotta contro il razzismo, il monismo, il sessismo, il nazionalismo e il fascismo. È un’incredibile motivazione per il mio futuro lavoro il fatto che i documentari che giro vengono guardati con interesse in altri Paesi e toccano i sentimenti di tante persone…
Inoltre voglio ricordare Orkide, Lorî, Frenceska, Ahmet, Seher e Ahmet, che mi hanno accompagnato a lungo e hanno cercato di tradurre i miei lunghi discorsi, Emilia, che mi ha preparato pasti fantastici il primo giorno che sono arrivato in Italia, Maddalena con i suoi migliori formaggi e una calda ospitalità (anche se ho rotto una chiave in Sardegna) Antonello, che ci ha aperto casa e ci ha fatto mostrare il film a casa, Massimo, che quasi mi aveva smarrito in aeroporto e pure mi ha portato sano e salvo a Forlì senza perdere i riflessi giovanili, Lorena e Giorgia, che mi hanno accompagnato per due giorni in giro per Trieste e mi hanno fatto conoscere i profughi, gli amici che a Cagliari non mi hanno mai lasciato solo, Marco, Daniele, Mauro, Lisa che mi ha preparato la pasta e mi ha fatto fare un giro a mezzanotte a Forlì, Francesco che mi ha salutato all’Università di Napoli, Valentina che è stata sempre con me a Napoli, Salerno e Bologna, che ha facilitato il mio programma in Italia. E il mio amico di lunga data, che ha progettato il mio programma in Italia, il mio caro amico Maurizio, che ha anche dato un contributo molto importante alla sua realizzazione. Grazie!!!