2013-2019 – Da “terra dei fuochi” a “terra promessa”
La terra dei fuochi da oggi è finalmente terra promessa, ma i dubbi restano
Sono passati sei anni da quando il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, coordinando un gruppo di legali e attivisti, decise di denunciare il “crimine nascosto” di Masseria del Pozzo, l’area periferica del comune di Giugliano in Campania, dove erano stati dapprima sversate decine di migliaia di tonnellate di fanghi tossici provenienti dall’ACNA di Cengio, da numerose imprese italiane ed anche da Chernobyl, e poi ivi insediata una comunità Rom di 500 persone di cui, almeno la metà, minori. Al di sotto di quel terreno giacevano metalli pesanti, sostanze radioattive, chimiche e idrocarburi che avevano intossicato il terreno di un’area meglio conosciuta come “ex Resit”, rientrante nella competenza territoriale del Comune di Giugliano, già sequestrata ai proprietari, tra cui figuravano alcune delle famiglie criminali ben note alla magistratura. Ci trovammo davanti un eco-scandalo di dimensioni colossali che era culminato con l’assegnazione di una parte di quest’area ad una comunità Rom di origine serba che viveva in Italia da quasi trent’anni. Responsabile di questa assurda decisione era stato un Prefetto, reggente dell’Amministrazione comunale, a seguito della sospensione della ordinaria gestione per infiltrazioni camorristiche.
Le vicende successive alla nostra denuncia di questo abominio e alla realizzazione del film “Terrapromessa”, frutto del coraggioso lavoro di Mario Leombruno e Luca Romano, sono state descritte in altri report pubblicati sul nostro sito in quegli anni. La sorte di quella comunità Rom, da allora, è stata segnata dalle lotte condotte contro le istituzioni con l’apporto di un voluminoso dossier presentato alla magistratura per denunciare l’accaduto, in cui raccontammo come i Rom sopravvivessero in quel campo, oggetto di diverse speculazioni, che produceva pericolose “fumarole”, respirando aria appestata dalle esalazioni provenienti dal sottosuolo, nell’indifferenza delle Istituzioni preposte al controllo del territorio. Scandaloso ci parve pure, in quel frangente, il silenzio colpevole di numerose associazioni che seguivano da tempo i Rom, a cui sembrava interessasse soltanto la progettazione di abitazioni destinate ai “nomadi” e non l’emergenza sanitaria di quel campo avvelenato, di quel “crimine nascosto”.
Oggi quelle esalazioni sono scomparse perché, dal 2013 ad oggi, il lavoro rigoroso svolto dal Commissario alle Bonifiche, Mario de Biase, e dallo staff tecnico composto da docenti della Università Federico II di Napoli, ha di fatto bloccato nel sottosuolo queste sostanze, riducendo gran parte del processo di ossidazione dei metalli presenti. Tutto ciò è avvenuto, nel silenzio generale dei media e nella incoscienza dell’opinione pubblica, grazie a precise scelte tecniche che hanno utilizzato solo la ventesima parte del danaro stanziato per la bonifica. Un primato di assoluto valore civico e scientifico di cui nessuno parla.
Siamo davanti ad un paradosso informativo, neppure tanto nuovo. Quando la “terra dei fuochi” era una notizia da vendere, i media non risparmiavano spazi ad improvvisati protagonisti. Oggi che la causa del problema è rimossa e l’analisi degli avvenimenti potrebbe finalmente restituire la giusta dimensione ad ogni particolare, uno strano silenzio è sceso su tutta la vicenda. Continuiamo a registrare un’informazione prevalentemente scandalistica ed emergenziale, pur con le dovute eccezioni, che non ci aiuta a capire cosa sta accadendo.
Oggi, sulla parte più pericolosa dell’area avvelenata (San Giuseppiello), alligna un bosco di pioppi che provvedono a incorporare nella corteccia una parte considerevole del veleno sottostante, coadiuvati, per altri effetti, da erbe predisposte allo scopo nel sottobosco e, in gran parte della zona sottoposta a controllo, sono stati effettuati interventi di “impacchettamento” degli sversamenti, fino a renderli inattivi. Se si esclude una piccola zona inquinata da cadmio, il resto del terreno è stato recuperato alla coltivazione per prodotti edibili e la scienza ha vinto sulla protervia del crimine.
A dirla così, sembra quasi di raccontare un miracolo, eppure siamo semplicemente davanti ai risultati dell’impegno professionale profuso dal Commissario e dai suoi collaboratori e consulenti, con una costanza e determinazione più uniche che rare. Un esempio di amministrazione virtuosa contrapposto all’abominio istituzionale della collocazione dei Rom su queste terre. Eppure neppure questo basta a spiegare cosa sta accadendo a quell’area di Campania felix.
La solitudine in cui ha operato il Commissario de Biase è oggi ancora più evidente e proprio quando l’impianto bonificato è pronto per essere consegnato alla gestione ordinaria, De Biase giunge a fine mandato e, contemporaneamente, un serie di attentati devastanti hanno distrutto, in pochi mesi, gli uffici in cui venivano condotte le analisi e archiviate le pratiche. Si tratta di una strana coincidenza, collegata alla consegna delle cartelle esattoriali alle famiglie proprietarie dei suoli contaminati e poi bonificati, a cui spetta l’onere di coprire le spese sostenute dallo Stato per il risanamento dell’area.
E allora chi difenderà, oggi, il Commissario de Biase e il suo operato? A chi spetterà il compito di proteggere queste terre finalmente restituite alla legalità che potrebbero diventare sede di fruttuosi impianti agroalimentari? Sono domande legittime, ineludibili, che cadono nel vuoto. Negli ultimi 4 mesi, dopo numerose e reiterate segnalazioni, nessuno ha aperto un’indagine sull’accaduto e sul danno erariale di queste incursioni notturne che hanno ridotto in polvere le palazzine degli uffici del Commissario e i suoi archivi. Perché tanta indifferenza da parte di chi deve prendere in consegna queste terre confiscate?
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Pochi giorni fa, sabato 14 dicembre 2019, nell’area ex Resit abbiamo vissuto un nuovo atto di questa lunga storia. Cinquanta persone, tra cui molti giovani studenti e docenti dell’istituto Artistico di Napoli hanno voluto salutare la fine del mandato del Commissario de Biase, esponendo, sull’erba del prato, tanti progetti descritti su grandi tavole di disegno: una raccolta di idee per rendere l’area un parco culturale all’aria aperta, per non dimenticare ciò che è stato e pensare al futuro, in positivo. E, alla fine della mattinata, un gran volo di aquiloni, segno di speranza per questo nuovo progetto.
C’eravamo anche noi, non potevamo mancare. Tra tanti giovani, spiccavano il sorriso di Mario De Biase e quello orgoglioso del Professor Massimo Fagnani, uno dei principali artefici del miracolo di queste terre, l’agronomo che ha dato vita al risanamento. E’ stato un giorno di festa, nonostante tutto, sotto lo sguardo vigile di due straordinari murales realizzati da Jorit, uno raffigurante Giancarlo Siani e l’altro Peppino Impastato, testimoni di verità inutilmente soffocate.
Tra i presenti c’era anche una persona un po’ speciale, la professoressa Maria de Biase, una donna coraggiosa che ha deciso di cambiare il modo di gestire le scuole e ha introdotto l’uso dell’olio extravergine nelle mense scolastiche, al posto delle merendine preconfezionate, affermando in maniera originale il diritto alla salute, ma anche creando catene sociali di solidarietà nella comunità di Policastro, in provincia di Salerno, dove gestisce un istituto comprensivo. Maria è un altro servitore dello Stato solo, coraggioso, resiliente, che dalla sua piccola realtà sfida il monopolio del mercato e immagina una scuola legata alla comunità locale, alle sue tradizioni, alla sua storia. Un altro esempio da seguire che non ci è sfuggito, che merita attenzione e informazione. La sua solidarietà è tutta nell’abbraccio commosso al Commissario a cui sente di essere prossima, umanamente vicina.
Non lasciamoli soli, ci hanno insegnato che cambiare si può e che davanti alla decisione delle persone oneste, al potere della scienza umana e alla sinergia delle istituzioni sane, affiora il valore della democrazia che resta la nostra arma migliore per combattere il crimine organizzato, la ricetta per vivere insieme dignitosamente.
La storia continua …