Non ci sono più distanze tra Napoli e Milano
C’è una bella canzone di Ron, straordinario compositore, da sempre amico e collaboratore di Lucio Dalla, che recita proprio così: “io vorrei che non ci fossero distanze tra Napoli e Milano…”. La canzone, non a caso, si chiama “Sono uguale a te” e suona un po’ come inno antesignano della musica dei Diritti Umani, dell’uguaglianza che si fa arte.
Sono queste le parole che hanno simbolicamente rappresentato l’incontro del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli con il Festival dei Diritti Umani di Milano che, annunciato a Napoli in occasione della X edizione del Festival partenopeo, ha avuto una felice appendice il 4 maggio u.s. nel palazzo della Triennale di Parco Sempione, per la IV edizione della manifestazione milanese .
A offrire l’occasione di questo nuovo scambio di esperienze sono state le opere “Blood leaves its trail” di Iffat Fatima, attivista indiana del Kashmir, già ospite a Napoli nel dicembre scorso, e il film “Well” di Veysi Altay, di origine curda, fotografo e regista incarcerato dal governo turco per attività sovversive (ha girato un film sulle donne curde che difendono in armi il loro popolo dall’ISIS). Questi due documentari premiati a Napoli, opere intense e drammatiche sulla condizione di due popoli da sempre in guerra, sono state scelte dal Festival milanese per onorare il tema della manifestazione di quest’anno che è stato “Guerre e pace”.
Il Festival di Milano ha espresso il suo straordinario potenziale comunicativo, sostenuto da importanti agenzie come Reset e da Radio Popolare, sotto l’attenta regia di Danilo De Biasio e del suo direttore artistico Antonio Prata. Memorabile la serata conclusiva, interamente dedicata a John Lennon e al suo bed-in con Yoko Ono del 1969, che ha visto la partecipazione di cantanti famosi come Ricky Gianco ed Eugenio Finardi, accompagnati dal coro collettivo di “Give peace a chance”. A distanza di 50 anni dalla guerra del Vietnam, è stato ricordato l’impegno dei Beatles, ma soprattutto di John Lennon e Yoko Ono, per la pace mondiale, un obiettivo ancora molto lontano e terribilmente attuale.
Al di là delle evidenti differenze tra i due Festival, aventi anche ispirazioni e format differenti, è davvero un buon segnale quello di avere saputo mettere insieme le comuni disponibilità e avere realizzato i primi timidi passi verso le possibilità di scambio e sinergia su temi di comune interesse. In particolare, la collaborazione potrebbe svilupparsi nella solidarietà a campagne internazionali di sostegno ad attivisti, scrittori, registi, artisti e movimenti che difendono e promuovono i Diritti Umani. Esistono in Italia e in Europa numerose sensibilità pronte ad intervenire a favore della pace e dell’uguaglianza tra le persone, contro i conflitti e le guerre, ed occorre disporre di una rete di supporto a queste emergenze perché non esistano più conflitti dimenticati e uomini e donne abbandonati al loro destino, nelle mani di governi dittatoriali e organizzazioni violente, per avere avuto la sola colpa di aver espresso le proprie opinioni o il dissenso dal pensiero dominante o avere usato l’arte come strumento di denuncia.
Siamo consci della fragilità delle nostre iniziative e della drammaticità delle situazioni a cui vorremmo offrire il nostro aiuto, ma, come spesso ci testimoniano i registi che vivono fuori dall’Europa, è bello pensare che nel nostro pacifico Paese ci sono persone disposte a sacrificare il loro tempo di vita e le loro limitate risorse, per offrire una speranza a persone che vivono condizioni di emergenza e di guerra.
E allora, prima di pensare a scenari più grandi e inquietanti, sarà bene provare ad azzerare per sempre le distanze tra di noi, tra Napoli e Milano, come è avvenuto pochi giorni fa.