Chiude tra gli applausi il Premio Fausto Rossano: nel segno del Cinema, per tornare a parlare di salute mentale
L’articolo che segue è opera di Marco Rossano, sociologo e regista, coordinatore della prima edizione del “Premio Cinematografico Fausto Rossano per il pieno diritto alla salute”, dedicato alla memoria di suo padre, psichiatra e autorevole rappresentante delle istituzioni sanitarie.
Siamo lieti di pubblicare il suo resoconto su un’iniziativa che ha visto il coinvolgimento del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli ed ha riscosso consensi di pubblico e di critica, con l’auspicio che questo evento possa costituire il primo passo di un lungo percorso insieme, nel segno del Cinema dei Diritti Umani e del confronto aperto fra gli autori, gli operatori del settore, gli utenti, le loro famiglie e i movimenti di difesa dei malati.
Maurizio del Bufalo
Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli
Si è conclusa venerdì 6 marzo 2015, al Palazzo delle Arti di Napoli, la prima edizione del Premio Cinematografico “Fausto Rossano per il Pieno Diritto alla Salute”. La manifestazione ha registrato un notevole successo di pubblico (tutte le sessioni delle due giornate hanno visto il pienone, con spettatori in piedi), di qualità degli interventi e dei dibattiti, a volte aspri e duri, ma sempre nel rispetto delle posizioni altrui e di dialogo.
Al concorso cinematografico sono risultate iscritte oltre 60 opere da tutta Italia e anche dalla Spagna, Croazia e da autori italiani che lavorano in Africa. Difficile è stato il compito della giuria di qualità presieduta da Titta Fiore, caporedattore Cultura e Spettacoli del quotidiano “Il Mattino”, e composta da Chiara Tozzi, sceneggiatrice, scrittrice e psicologa analista, Ciccio Capozzi presidente dell’Associazione Città del Monte, Sabrina Morena del Festival Spaesati di Trieste, Barbara Massimilla psichiatra analista AIPA, presidente della rivista Eidos cinema, psyche e arti visive, nella scelta delle opere finaliste e dei vincitori.
Dopo lunghe discussioni, i giurati hanno premiato ex aequo per la sezione “Diritti alla Salute” dedicata ai lungometraggi i film “Il viaggio di Marco Cavallo” di Erika Rossi e Giuseppe Tedeschi e “Lo stato della follia” di Francesco Cordio. Secondo la giuria, i due film affrontano con stile e punti di vista diversi due aspetti di uno stesso, cruciale problema: quello degli ospedali psichiatrici giudiziari.
“Il Viaggio di Marco Cavallo” pone su un livello di soggettività narrante il viaggio e nel tempo e nel cuore della questione degli Opg e la scelta della metafora (L’azzurro cavallo Marco) è efficace e potente dal punto di vista simbolico. “Lo Stato della Follia” racconta il precipitare nella “follia” degli Opg dal punto di vista di chi l’ha vissuto e lo vive, risolvendosi in una dolente documentazione di denuncia. Entrambi dimostrano la felice sintesi tra narrazione di fiction e cinema della realtà.
Anche il premio nella sezione “Diritti alla Salute – Short Stories” è attribuito ex aequo a “La Valigia” di Pier Paolo Paganelli e “Malatedda” di Diego Monfredini.
“La Valigia” affronta una tematica molto dura, come l’Alzheimer, ma lo fa attraverso una riflessione politica che, grazie all’animazione stop motion, trova una cifra stilistica originale e densa di umanità. Gli strumenti tecnico-espressivi sono padroneggiati in un ritmo narrativo che trova soluzioni spiazzanti e originali ma tutte funzionali alla struttura. Di grande impatto la voce narrante di Roberto Herlitzka.
“Malatedda” ha una struttura narrativa che riesce a essere sospesa tra realtà e sogno ma individua con concisa freschezza stilistica un percorso che tocca il malessere esistenziale, evocandolo con delicatezza e grande cura estetico-poetica. Grazie ad un controllo degli strumenti linguistici si esprime una felice sintesi tra misura temporale, resa drammaturgica, forma e senso.
La giuria ha attribuito inoltre due menzioni speciali. La prima al film “Ubuntu” di Antonella Grieco, esemplare per come sa unire in un linguaggio essenziale ma non privo di tenerezza, una tematica universale femminile con lo specifico del multiculturalismo. Mentre una menzione speciale “Giovani” è andata al corto “Senectus ipsa morbus” di Rosa Maietta. Impietoso, volutamente sgradevole nell’impatto visivo e geniale nel coniugare l’abbandono senile con il contrappunto televisivo. Queste le parole dei giurati.
Il Premio, promosso tra gli altri dall’ Associazione Cinema e Diritti, dall’ AIPA e dalla GESCO, è nato per ricordare la figura e il lavoro dello psichiatra e psicanalista junghiano Fausto Rossano scomparso nel 2012. Permettetemi di soffermarmi brevemente sul protagonista a cui è dedicato il Premio.
Fausto Rossano è stata una figura di spicco nel panorama della psichiatria napoletana e nazionale. Nel 1995 viene chiamato a ricoprire l’incarico di ultimo Direttore sanitario dell’ex Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli con il compito di attivare tutti i passi necessari per la sua definitiva dismissione. Per Rossano non si tratta di un mero adempimento burocratico: il processo di dismissione va piuttosto interpretato come un percorso sanitario, percorso inverso a quello di ‘istituzionalizzazione’ che le persone hanno sperimentato entrando nel manicomio. A queste persone occorre ridare identità, sapere chi sono e sono state, ricostruire la loro provenienza d’origine, e ancora quali relazioni d’amicizia, quali sentimenti e legami siano stati intrecciati nei lunghi anni del manicomio con gli altri ‘ospiti’. Non ultimo, si tratta di ri-stabilire legami coi luoghi e con la gente di fuori. In questo spirito si situa il progetto culturale di Fausto Rossano: apre le porte del Bianchi alla città. Chiudendo la struttura, Rossano l’ha aperta al mondo consentendo in questo modo il graduale ritorno dei pazienti ai loro affetti. Lo scopo è di far uscire i ‘reclusi’ nella città e di far entrare la città nel Bianchi. In quest’ottica sono tanti gli eventi organizzati sotto la sua guida. Il salone del padiglione amministrativo viene aperto a complessi ed artisti, come il maestro Roberto De Simone o i Maedia Aetas che lo utilizzano per le prove dei loro spettacoli aperte agli ospiti. Allo stesso modo andare per le piazze di Napoli, in gita sul mare, o a recitare nel teatro cittadino del Mercadante serve a chi sta ‘dentro’ per imparare a non aver paura di stare ‘fuori’. Vincere le reciproche paure: smettere o, per lo meno, cercare di smettere di aver paura di una diversità dai canoni di normalità che sono tutti da definire è uno degli obiettivi culturali che Fausto Rossano pone per se stesso e per l’intera operazione.
Dal 1998, Fausto Rossano viene chiamato ad assumere anche la direzione del nascente Dipartimento di Salute mentale dell’ASL NA1, incarico che mantiene per quasi dodici anni. Si tratta di una nuova sfida dove particolare cura e attenzione vengono poste principalmente a realizzare un’ operazione socio-culturale ancor prima che sanitaria. La filosofia di base nei confronti dei pazienti e della comunità che li accoglie è ispirata da un forte potenziale etico e politico centrata sul riconoscimento della soggettività della persona e dei suoi diritti di cittadinanza, primo tra tutti quello di essere curata all’interno di una relazione significativa con i suoi curanti, sulla necessità di operare nei contesti, con le famiglie, con i soggetti della comunità sociale, perseguendo obiettivi non solo di cura ma anche, e in maniera non contingente, di prevenzione, riabilitazione e reinserimento sociale. Nella visione professionale e personale di Rossano al centro dell’attenzione c’è sempre la persona.
È in linea con il lascito storico e culturale del lavoro di Fausto Rossano che nasce il premio cinematografico. L’obiettivo è di fomentare, sensibilizzare la coscienza sociale e lottare contro lo stigma e i pregiudizi che circondano la sofferenza psichica nelle sue più varie accezioni. La finalità è duplice: mostrare una visione globale della realtà dei pazienti, delle famiglie, dei professionisti, delle istituzioni che convivono con queste malattie e dall’altro offrire a cineasti, studenti, esperti dell’ambito della produzione e realizzazione di audiovisivi l’opportunità di far conoscere e circolare i propri lavori.
Il premio vuole essere anche l’occasione per organizzare periodicamente incontri nei quali poter riflettere sull’eredità culturale di Rossano, in ambito psichiatrico e non solo. L’audiovisivo è uno di questi. L’obiettivo è premiare e soprattutto far circolare nelle scuole, università, convegni, festival, rassegne, etc. durante tutto l’anno i prodotti audiovisivi (documentari, fiction, cortometraggi, lungometraggi) incentrati sui differenti aspetti della sofferenza psichica.
Il cinema, il video, le fotografie sono dei mezzi potentissimi di divulgazione e parlano un linguaggio universale aperto e facilmente comprensibile a tutti.
È necessario raccontare la sofferenza che circonda la malattia, non solo quella mentale, e soprattutto combattere lo stigma che l’accompagna quotidianamente. Viviamo in un’epoca difficile, di chiusure, di individualismo esasperato dove le persone contano sempre di meno e chi non si uniforma, chi è diverso, chi non è “normale” viene isolato, respinto o cacciato.
Proprio per questo è importante ricordare il lavoro svolto da Fausto Rossano. Fu l’ultimo direttore dell’ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi, lo chiuse, ma, paradossalmente aprì una nuova stagione della salute mentale napoletana e diede una nuova speranza di vita a tutte quelle persone che vivevano lì rinchiuse.
Affermava che “gli ospedali psichiatrici non servono per guarire le persone. Le persone invece devono essere seguite, aiutate, valutate all’interno dei loro momenti e delle specificità della loro vita”.
L’ospedale psichiatrico e tutti i luoghi fisici o mentali di chiusura e isolamento lasciano all’interno delle persone delle difficoltà ancora più grandi rispetto a quelle che erano in precedenza le loro difficoltà personali. Fausto Rossano nella sua vita e nel suo lavoro ha sempre messo al centro dell’attenzione la persona con tutti i suoi pregi, difetti o problematiche. Diceva che le persone devono vivere una vita di persone e non una vita di altro tipo; non si aiutano le persone nei contesti di chiusura e di tipo carcerario. Può sembrare un concetto logico, ovvio, ma nell’epoca attuale non lo è più.
Ricordare il lavoro di Fausto Rossano, il suo esempio, non è un mero esercizio di memoria ancorato al passato, quanto piuttosto il desiderio di ripartire dall’operazione socio-culturale da lui promossa per andare avanti e dare nuovo impulso alle tematiche sociali del presente e del futuro.
Il premio pone l’accento anche su un aspetto importante troppo spesso dimenticato o tralasciato: il diritto alla salute. Vogliamo parlare e discutere di problematiche sociali e culturali anche da posizioni molto diverse. Vogliamo provare a dare voce a chi voce non ce l’ha in una società in cui i diritti valgono sempre meno.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
È l’articolo 32 della Costituzione che sta cadendo nell’oblio. Bisogna attuarlo seguendo l’esempio di chi, come Fausto Rossano, mio padre, ha sempre creduto nella necessità di mettere al centro del dibattito – politico, economico, culturale e sociale – la persona.
Per restare umani.
Marco Rossano