Un giorno tra i capannoni bruciati di Bagnoli
Un giorno tra i capannoni bruciati di Bagnoli. Ovvero, dialogo tra un magistrato, un urbanista e un sognatore, sulle macerie di una città del sole ….
Il giorno 13 novembre scorso, nell’ambito di “Futuro Remoto” si è tenuto, nei padiglioni della Città della Scienza, l’evento “Rinascite”, tributo del festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli ai lavoratori dell’istituzione ferita. Questo racconto vuole essere una libera sintesi di quell’incontro.
Immaginate tre signori di mezza età che non si sono mai conosciuti né incontrati prima, che si danno appuntamento a Napoli, in una giornata novembrina di tempo grigio e incerto, per raccontarsi tre storie diverse. Uno, il sognatore, vive (più o meno) a Napoli e racconta la storia di un’utopia culturale, quella della Città della Scienza, che ha visto nascere e ha accompagnato la sua vita; il secondo, magistrato, vive a Torino ma è nato a Napoli e non l’ha mai dimenticata e viene a ritrovarla ogni tanto; l’ultimo, architetto, insegna urbanistica a Venezia e ama Napoli perché la studia da sempre. Un giorno, dopo essersi scambiati gli indirizzi e le prime impressioni sull’incendio che ha bruciato una parte considerevole di Città della Scienza, si incontrano proprio sul lungomare di Bagnoli per discutere di come sia possibile, agli albori del terzo millennio, trovare, in questa strana città, la forza e la volontà di rimettere insieme i cocci di una storia nata negli anni 80, quando sognare era ancora possibile, e tragicamente bruciata pochi mesi fa, per mano di un anonimo criminale.
Non capita tutti i giorni che qualcuno si occupi di questioni come queste, prendendosi un attimo di respiro dal proprio lavoro per una questione d’amore, diciamo così. Del resto nessuno li ha costretti a fermarsi, ma è bastata un’idea seppur vaga, quella di provare a confrontare le “storie di fuoco” di cui sono stati testimoni, per accettare l’invito e ritrovarsi a Napoli. Capiamo meglio cosa li accomuna.
Il magistrato, napoletano che vive a Torino da quarant’anni, è stato incaricato, nel 1983, di seguire il processo per l’incendio del Cinema Statuto in cui persero la vita ben 64 persone e ne ha dignitosamente messo in chiaro le circostanze, restituendo un po’ di giustizia a quelle famiglie addolorate, facendo sentire il ruolo presente dello Stato; da quell’esame puntiglioso sono venute fuori le specifiche del regolamento che ha fatto da base alla legge sulla messa in sicurezza dei locali pubblici e da allora nulla di simile è più successo.
L’urbanista, veneziano, è stato lo storico della ricostruzione del Teatro La Fenice, bruciato nel 1996 per un falso incidente provocato da due elettricisti maldestri, che hanno pagato, anche loro, il fio del misfatto. Ma la storia che l’urbanista ha voglia di raccontare è quella di un sindaco, Paolo Costa, che dopo 6 anni di tiritere contrattuali, prende in pugno la situazione e impone la ricostruzione del teatro in 635 giorni, non uno in più non uno in meno. E il miracolo avviene, senza neppure un giorno di ritardo, tra il sudore di artigiani e artisti e la soddisfazione di una intera comunità che si vede restituito, più bello che prima, il simbolo della sua arte secolare. Siamo in Italia o in Germania, viene da chiedersi?
Il sognatore, stupito, li ascolta senza interrompere e, guardando le macerie dei capannoni di Coroglio, si chiede se c’è oggi, a Napoli, la capacità di tirare fuori l’orgoglio della legalità e del buon nome della città per dimostrare che Napoli è viva e non si piega al ricatto di forze eversive oscure, che assediano la politica, la cultura, la società civile. La domanda non è retorica e neppure maliziosa, è la questione che oggi è all’ordine del giorno. Il ruolo dello Stato non è solo quello di trovare i fondi per ricostruire, ma di dimostrare che davanti a sfide come queste la comunità reagisce con decisione, precisione e tempi rapidi, senza avvitarsi in dispute bizantine su cosa sia meglio del buono.
Di qui la necessità che ha spinto il sognatore a invitare al dialogo due esperti che sono anche due rappresentanti delle istituzioni, per confermare che, in altri momenti, lo Stato ha saputo rispondere degnamente a queste sfide, tenendo alto l’interesse della comunità che ha subito l’offesa. Sono due casi, quelli di Torino e di Venezia, che ci fanno ben sperare nel futuro e il sognatore non ha potuto fare a meno di tentare di trasmettere questa speranza ai giovani studenti che sono venuti, in massa, al mattino, ad ascoltare queste storie di rinascita.
Emblematico è stato il titolo del convegno del pomeriggio, “Lezioni di fuoco”, che ha sottolineato l’esigenza di capire se c’è un principio universale da tenere presente in questi casi o è tutto da verificare caso per caso.
Volete sapere com’è finita?
Il magistrato è tornato a casa con la segreta felicità di avere dato una mano alla sua città, mettendo a disposizione i suoi ricordi e la fede incrollabile nelle regole che lo guida nella professione. L’urbanista è tornato a Venezia, stupito di avere conosciuto da vicino una realtà come Città della Scienza che può vantare strutture nuove e potenzialità straordinarie, contrariamente a quello che i media gli avevano raccontato e quindi si aspetta che la rinascita avvenga presto e bene, tanto da immaginare di tornarci come progettista. Il sognatore, dopo averli ringraziati per la passione con cui hanno raccontato le loro storie, resta coi suoi dubbi sul futuro di questa città, ma si è commosso davanti all’adesione intrigante dei ragazzi e pensa che, in fondo, è valsa la pena di incontrare un pezzo di Italia che funziona, di sentirla parlare e farle vedere il mare di Bagnoli, per raccontare, agli studenti e ai lavoratori, storie vere, di rinascite a lieto fine.
Questa piccola avventura durata un giorno non ha una morale, ma solo qualche riflessione da tenere ben presente.
E’ lecito ancora sperare nella forza delle nostre istituzioni, questa è la “lezione” che il fuoco di Coroglio non ha potuto cancellare, ma sta a noi, semplici cittadini, saper accompagnare questo processo per impedire che quel rogo rimanga un monumento all’incapacità, un’archeologia del crimine. E questo ora, è il compito che spetta ai napoletani.
Maurizio del Bufalo, il sognatore